2018

LOST / FOUND Utopie del ricordo

Questa mostra di Claudio Cantelmi, nello Spazio MAW a Sulmona, si presenta con un catalogo che traccia, attraverso la documentazione dei lavori esposti e di opere appartenenti alla produzione dell’ultimo quinquennio, il recente profilo della ricerca dell’artista. Ricerca poliedrica e multiforme che, delineatasi negli anni di una felice esperienza di prossimità ad un’area della grande vicenda artistica italiana, ha tratto da questa, e piegato alla propria urgenza, temi ed espressioni. La memoria, l’oblio, la pratica (la ragione) del ricordare. Operando su questi concetti, Claudio Cantelmi indaga la perdita e l’assenza, la sostanza impalpabile degli affetti, l’evanescenza dei vissuti, attraversando con sicurezza e lucido sguardo il mare insidioso della rimembranza.
In un momento di tumulto memoriale come quello che invade la scena culturale e mediatica, il ricordo è vuota liturgia se la sua pratica non genera connessioni, non informa il modo di guardare a noi stessi e al futuro. L’arte di Claudio Cantelmi, indotta e richiamata dal sentimento della scomparsa di mondi vitali del passato, di cui ritrova e preserva le impronte, ha la cura di un gesto che al di là di una intimizzazione del ricordare, è azione resistente a una pressione invasiva, al corso sterile e anestetico di un certo racconto del tempo e dei luoghi. Salvare, custodire, mostrare, con la forza di un segno-dispositivo che investe tutta la composizione per attivare nuove visioni, consegnare domande. L’artista scardina l’effimero rassicurante di una pratica rievocativa narcisisticamente compiaciuta di sè per dire, ogni volta e in questo progetto, che il dimenticato non è perdita da celebrare ma materiale fisiologico, a noi proprio, da radicare nel vivo dei nostri processi, perché il ricordo non sia supplenza ma pensiero in ogni progetto di futuro.

Italia Gualtieri

LOST / FOUND Memory utopias

​This exhibition of the work of Claudio Cantelmi, at Spazio MAW in Sulmona, is introduced by a catalogue which traces, by means of documenting the works exhibited here, as well as works produced in the last five years, a description of the artist’s creative process. Multifaceted and multiform, this process has drawn themes and expressions from years of happy proximity to a great Italian artist, moulding them to its own needs.
Memory, oblivion, the practice of ( the reason for) remembering. Working on these concepts Claudio Cantelmi investigates loss and absence, the impalpability of affections, the evanescence of experiences, navigating his way across the insidious sea of memory self-assuredly and clear-sightedly.
With culture and media now facing such tumultuous times, memory is empty ritual if its practice fails to generate connections or to inform the way we see ourselves and the future.

Claudio Cantelmi’s art, inspired and evoked by the sentiment caused by the disappearance of the living worlds of the past, whose footprints he finds and preserves, has the precision of a gesture which, beyond making remembering an intimate act, is an action that is proof against an invasive force, against a certain sterile and anaesthetising way of narrating time and place. Saving, keeping, showing, with the strength of a sign-instrument that takes over the entire composition in order to activate new visions and pose questions. The artist deconstructs the comforting vagueness of a narcissistically smug form of remembering in order to say, here and always, that what is forgotten is not a loss to celebrate but physiological matter, a part of us, a living root, so that memory is nota substitute but a form of thinking for every future project.


LE VITE NEL LIMBO DELLE MIGRAZIONI
La dolorosa epopea delle migrazioni globali è un’incessante sequenza di immagini che trova qui la sua forza ma anche la sua contraddizione. Schiacciante e ipertrofica, la comunicazione visiva della tragedia delle emergenze investe eppure satura la nostra coscienza. Ma a volte l’occhio testimone buca il cuore.
Il lavoro sull’immigrazione del fotoreporter Francesco Pistilli, che Sulmonacinema e Spazio Maw presentano con il quarto capitolo di Lives in Limbo, coraggioso progetto premiato lo scorso febbraio con il World Press Photo 2018, ha la dimensione di un impegno ininterrotto sul terreno dell’informazione ma il profilo penetrante di un racconto che scopre un altro sguardo. Nell’inverno del 2017, un’ondata di migranti in cammino sulla Balkan Route restò bloccata in Serbia per l’accordo UE-Turchia che sbarrava il Nord-Europa a quei transiti; migliaia di persone, tra i quali molti minori, che precipitarono in un limbo di immobilità il cui volto mediatico fu la moltitudine infreddolita soccorsa e sospesa nelle zone grigie del diritto umanitario. Nasce da qui, da un’urgenza, Trapped in Belgrade, documento di un incubo, poema per coloro che il visivo main stream non permetteva di vedere. 24 fotografie costruite vivendo il limbo e con il colore, dispositivo irrinunciabile nella poetica di Pistilli, a condensare un’idea di fotogiornalismo dove lo scatto è spazio di esistenza-parola offerto all’oggetto della rappresentazione. Per affinità, per l’umano che ci accomuna, per l’istinto di salvare vite e identità, nonostante la rimozione. In una sala abbandonata della vecchia stazione di Belgrado, un adolescente pakistano rammenda la sua coperta; dal finestrino di un vagone arrugginito, un altro guarda la città inaccessibile come da casa, tra pacchetti di cibo difesi dalla sporcizia e dagli animali; due ragazzi sfidano il gelo per una doccia impossibile intorno a un bidone di acqua scaldata; un altro porta nel traffico la dissonanza della sua figura. “I just want to be home. Please no war” grida o implora una scritta sulla parete di un riparo provvisorio e casa fingono le pieghe delle coperte, quasi soci, quasi affettuose, che avvolgono il sonno di un ragazzino in uno scatto tanto vero e bello da finire tra i cento memorabili decretati da Times Magazine nell’anno di questo reportage.
Sono persone ed esistenze queste immagini, ssate nello stato muto ed oppressivo della loro condizione ma uniche, proprie. Estratte dall’indistinto di una vicenda corale, svelano la prossimità profonda di un fotografo che profondamente ama, restando intrappolate, e con loro un dramma che ci riguarda, nella coscienza e nel cuore.

Italia Gualtieri


Sabato 13 ottobre alle ore 17.30, in occasione della Giornata del Contemporaneo, la grande manifestazione organizzata in tutta Italia per la promozione dell’arte del nostro tempo, il Laboratorio d’arte Maw presenta la collettiva “art. 29”, un progetto del Gruppo Fotografico Maia Peligna sul legame familiare.
Sullo sfondo del dettato costituzionale, modello e “fotografia” della famiglia italiana, i lavori esposti si muovono tra forma e realtà, percezione e racconto, catturando l’evoluzione e la permanenza dell’idea di famiglia, protagonista dell’immagine. 17 scatti in bianco e nero di Giacomo Centofanti , Paolo Di Menna, Laura Frascarelli, Tito Iafolla, Giovanni Sarrocco, selezionati in collaborazione con il fotografo e photoeditor Luca Del Monaco.


Uno sguardo inatteso sul capolavoro di Ovidio, l’eterna seduzione delle sue favole che genera  un nuovo racconto e un atto d’amore. Le Metamorfosi di Ezio Franco Simboli dipingono il mito e lo conducono in terra d’Abruzzo immaginandovi i suoi luoghi. Non è forse il sacro delle sue sorgenti più ricche che accolse la creazione dell’uomo? Non sono i prati delle sue solenni montagne che nutrirono la nostra età d’oro? E  i colori estremi delle stagioni l’impronta del tempo in cui mutò il nostro destino? La forza del paesaggio fonda e alimenta la narrazione, e l’artista, che in Abruzzo dimora e ne vive e ama la Natura, vuole dichiararlo consegnandoci un’ipotesi fantastica e suggestiva. Fu qui, tra questi monti, in queste acque, la primordiale vicenda, l’inizio delle trasformazioni.
Così, nel silenzio sospeso delle sorgenti del Pescara, Prometeo forma dal fango il primo uomo; sotto la cresta sublime e materna del Monte Tino si distende l’aurea quiete delle prime creature; nelle stagioni contrastanti e multicolori della Maiella e del Morrone si svela il declino dell’Eden e la nascita delle passioni, prima fra tutte l’amore: quello di Apollo rifiutato da Dafne che trasfigura nei faggi del Bosco di Sant’Antonio; quello di Orfeo per Euridice, invocato nell’antro del Cavallone; quello di Ceìce e di Alcione che dalla Baia di Giobbe si alzano nel volo del gabbiano. 15 dipinti, un ciclo complesso per struttura e dimensione, dove l’incessante divenire delle metamorfosi, colto come mònito alla riscoperta di valori e verità universali, è soprattutto pretesto per celebrare un paesaggio straordinario che dispiega sembianze di umano e divino, che fonde presente e tempo ancestrale, che fu amato dal Poeta. Se Ovidio continuò a vivere la terra degli avi nella dolcezza del sogno, queste scene lontane eppure reali hanno l’audacia di restituirci quelle visioni. Sono un canto all’Abruzzo e a un’illusione che ci lega ad entrambi e offre inedita attualità al grande poema.

Italia Gualtieri


Sabato 7 aprile alle ore 18.30 sarà inaugurata la mostra di FABIO DI LIZIO “artificialia”. Curata dal Laboratorio d’arte MAW l’esposizione propone una scelta di opere tratte dall’ultimo ciclo “Scatole ludiche” che evidenzia la particolare ricerca dell’artista legata ai segni fortemente iconici della Natura e dell’Uomo. Interverranno: Italia Gualtieri, curatrice del Laboratorio d’arte MAW, e Raffaele Giannantonio, Professore associato in Storia dell’architettura all’Università “G. D’Annunzio” di Pescara.
Carico di risonanze, il titolo della mostra rimanda alle meraviglie prodotte dalla mano di esseri umani e raccolte dai collezionisti del passato per le loro caratteristiche intrinseche ed estrinseche. Gli “artificialia” di Fabio Di Lizio sono ricostruzioni di ambienti naturali con elementi del regno vegetale e animale ma in chiave fantastica e in piccole dimensioni, che pongono domande su questioni che hanno a che fare con il mondo degli oggetti, con l’artificio e il vedere, e con la relazione tra questi temi. Sono realizzate attraverso l’uso di legni policromi, paesaggi e personaggi chiusi in scatole o in teche di cristallo.

Fabio Di Lizio. Consegue il Diploma di primo livello presso l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila (Abaq) con una tesi in Calcografia sotto la supervisione dei proff. V. Battiloro e L. Bruno e realizza un’edizione di trenta cartelle contenenti quattro incisioni sotto il patrocinio della stessa Accademia.
Nel 2004 vince il primo premio per la sezione di grafica alla manifestazione “Poesia Narrativa e Grafica Peltuinium”. Dal 2004 al 2005 affianca nella cura di alcune pubblicazioni legate alla Stampa d’Arte presso lo studio del Maestro Lorenzo Bruno. Nel 2005 è segnalato dall’Abaq per partecipare al Premio Nazionale delle Arti; nel 2006 è segnalato al Premio Internazionale d’Incisione “F. Bertoni”; vince la 3° Biennale dell’Illustrazione “Renzo C. Ventura, Tra Secessione e Deco’ “, per la migliore tecnica (Colmurano, MC); partecipa alla 4°Biennal Internacional d’Art Gràfic  S.Carles de la Ràpita (Spagna). E’ inserito nel Repertorio degli Incisori Italiani 2004/2007 e 2008/2013, Gabinetto Stampe Antiche e Moderne del Comune di Bagnocavallo.
Ha all’attivo numerosi progetti ed eventi espositivi: nel 2017, Coordinamento del Progetto/concorso ArtinFaraone: L’Arte di generare Arte. L’azienda Faraone – Architetture Trasparenti, in collaborazione con Abaq. Mostre personali: 2016, Mostra d’incisione con Giorgio Roggino “Visto per Inciso”, a cura di Raffaella Tenaglia con testo di Valter Battiloro, Galleria Pixie, Lanciano; 2012, Mostra di pittura “Cattivi Pensieri”, Museo Archeologico Iuvanum, Montenerodomo CH; 2011, Mostra d’incisioni calcografiche “Contro Vento”, Sala Mostre Vincenzo Foresi, Civitanova Marche MC. 
Tra le mostre collettive: 2016, “Segni Agathae” di Giovanna Cassese,Ornella Fazzina, Liborio Curione presso il GAM- Le Ciminiere, Catania; 2015, “L’orto dell’arte, La Memoria” a cura di Lea Contestabile, Marcello Gallucci, Carlo Nannicola, Castello Piccolomini L’Aquila; 2015, “Quant’è bella giovinezza: IncontrArti. Le Proposte del Premio Vasto”, a cura di Daniela Madonna, Palazzo Aragona, Vasto; 2014, “Nel Segno e nei Colori”, Museo d’Arte Moderna “Vittoria Colonna”, Pescara; 2013, “International  Open Festival of Graphics Vita-Art-Time”, Volgograd Museum Art, Volgograd Russia; 2012, ”L’immaginario e la forma”, Giornata del Contemporaneo, Museo Michetti, Francavilla al Mare CH; 2011, “Genius Loci – in memoria di Imre Makovecz”, Magazzini del Sale,Venezia; 2010, “metAMORfosi – Ovidio e l’arte contemporanea”, a cura di Marco Maiorano, Avatars Gallery, Sulmona AQ;
Attualmente è impegnato come docente di Tecniche e procedimenti a stampa presso l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila.
Vive e lavora ad Ortona CH.


 


Sergio Ottoni

Naturalista e paesaggista che ci delizia con diversi quadri raffiguranti gli elementi da lui più amati.

Proprio l’amore per la natura, la sua luce e i suoi colori, per il paesaggio ed il creato, lo spingono a dipingere e a imprimere le sensazioni che prova per trasmetterle agli altri. Egli non copia, immagina, crea.

Un’esigenza forte e gentile nello stesso tempo, così come forti e gentili sono i suoi quadri.

La forza è nella vivacità dei colori, sempre decisi e gioiosi, che esprimono l’intensità della natura; la gentilezza è nella leggerezza del tratto, nella visione aulica della natura che ci circonda.

Verso la bellezza.

Rosa Giammarco

Mario Sulprizio

Smaglianti di gioia coloristica, i paesaggi di Mario Sulprizio sono visioni giocose di un mondo reale. Tranquille minuscole case battute dal sole punteggiano tonde colline o si replicano nei fondovalle docilmente ordinate; successioni variopinte di declivi sono quinte gioiose di alberi e di opere serene – sentieri, campi, staccionate – sotto un cielo smaltato dove anche le nuvole, bianche e cremose, sorridono al cuore. Scorci felici di un universo beato che parlano di desideri e di ritorni “verso casa” ma quella, in realtà, del proprio essere, ri-trovato e assunto dopo un intenso cammino, al quale pure ci si è donati e si è grati. Perchè è proprio questo appagato momento dell’esistenza  che ha cambiato in Sulprizio anche la sensibilità artistica generando una nuova fase della sua espressione. Il segno, infatti, i nuovi cromatismi, le stesure larghe e uniformi, la composizione semplice ed “elementare” dei suoi paesaggi non sono (soltanto) la declinazione personale di un tema da sempre caro ai pittori. Sono il riflesso di una quiete acquistata, di un gesto esibito come totale piacere creativo, azione spontanea originata dalla scintilla “colore/sensazione” se è vero quello che egli afferma quando dice che dipingere è ora serena spinta interiore, trascrizione di limpide emozioni. Così, i rossi, gli azzurri, i violetti e tutte le cromìe, nella trama densa e destramente sperimentata degli acrilici come nella leggerezza degli eccentrici acquerelli, materializzano un paesaggio del vissuto, creazioni in cui il colore è tutto, figura, linguaggio e messaggio al tempo stesso.

Italia Gualtieri


PAOLO DI MENNA

URBAN VISION

L’inquadratura e il tempismo rappresentano alcuni degli elementi chiave delle immagini urbane. In queste istantanee angoli nascosti di città e momenti di vita quotidiana che generalmente passerebbero inosservati, vengono colti e valorizzati attraverso la fotografia. Questo senza scendere nel sensazionalismo o nel voyerismo troppo di moda ai nostri giorni ma perseverando e avvicinandosi con rispetto alle cose ed ai soggetti, facendo attenzione a come questi cambiano con la luce e reinterpretati da un punto di vista personale.

GIOVANNI SARROCCO

TAMASHII NO MORI (Il bosco dell’anima)

Fugaci presenze umane si muovono attraverso forti contrasti e grafismi in un racconto a cavallo tra descrizione ed interpretazione, tra realtà e astrazione. Non la semplice registrazione di un istante ma la ricerca e la volontà di raccontare uno stato d’animo guidati solo dalle sensazioni e dalle emozioni del momento e del luogo. Un’indagine sulla materia, in questo caso il bosco, e le molteplici sensazioni che è capace di trasmettere.

                                                                          Luca Del Monaco